Transfer pricing

Con l'espressione transfer pricing si individua un fenomeno complesso, di cui è difficile fornire una definizione istituzionale poiché non nasce direttamente in ambito giuridico-fiscale, ma deriva dall'analisi delle relazioni economiche intercorrenti tra imprese residenti in Stati diversi le quali fanno parte dello stesso gruppo.
In particolare, si tratta di verificare se le transazioni commerciali intercompany vengano effettuate rispettando il principio di libera concorrenza (arm's length principle), in modo tale che sussista corrispondenza tra il prezzo stabilito nelle operazioni commerciali tra imprese associate e quello che sarebbe pattuito tra imprese indipendenti, in condizioni similari, sul libero mercato.
Poiché la giustificazione sulla quale si basa la disciplina in esame è quella di evitare che mediante l'alterazione del valore al quale avvengono le transazioni intercompany si possa realizzare uno spostamento di materia imponibile da Stati a elevata fiscalità verso territori caratterizzati da una minore pressione fiscale, al fine di preservare la propria potestà impositiva i singoli Stati hanno adottato una normativa specifica sul transfer pricing, la quale recepisce il principio di valutazione a valore normale delle transazioni infragruppo contenuto nel modello di convenzione Ocse.

Per quanto concerne l'Italia, la disciplina dei prezzi di trasferimento è contenuta nel combinato disposto degli articoli 110, settimo comma, e 9, terzo comma, del Tuir, nei quali viene previsto che il prezzo cui avvengono le transazioni commerciali tra imprese residenti in Stati diversi, legate da rapporti di controllo e/o collegamento deve essere valutato a valore normale.
In virtù di tali disposizioni è possibile individuare i presupposti soggettivi e oggettivi in presenza dei quali si può procedere a una rettifica dei prezzi di trasferimento intercompany, allo scopo di rideterminare il reddito imponibile dell'impresa fiscalmente residente in Italia dopo aver ricostruito il "valore normale" delle transazioni infragruppo.
Quanto al requisito soggettivo deve trattarsi di scambi - di beni o servizi - tra imprese fiscalmente residenti in Italia e società fiscalmente residenti all'estero, legate da rapporti di controllo diretto o indiretto.

E' evidente che, stante la limitazione dell'ambito soggettivo della disposizione in esame alle operazioni poste in essere con società fiscalmente residenti all'estero, la ratio legis sottesa alla disposizione in esame consiste nel contrastare manovre sui prezzi applicati nelle operazioni infragruppo che possano comportare lo spostamento di materia imponibile dallo Stato italiano verso Paesi terzi caratterizzati da una minore pressione fiscale.
Questa osservazione rivela sin d'ora il carattere di specialità della normativa interna sul transfer pricing, il cui ambito di applicazione è limitato - per espressa previsione legislativa - alle operazioni eseguite con società "non residenti nel territorio dello Stato", con la conseguenza che eventuali attività commerciali realizzate da imprese facenti parte dello stesso gruppo e operanti sul territorio nazionale sono sottratte ope legis alla disciplina sui prezzi di trasferimento.

Per quanto concerne il requisito oggettivo, esso viene individuato nella discrepanza tra il valore cui avvengono le transazioni infragruppo e quello rilevabile per transazioni comparabili effettuate sul libero mercato.
Infatti l'elemento centrale per verificare la congruità dei prezzi applicati infragruppo viene individuato dall'articolo 110, settimo comma, del Tuir, nel valore normale, ossia nel "prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione", il quale corrisponde, in ultima analisi, al cosiddetto "valore di mercato".

Anche se a livello normativo è stato introdotto il concetto di valutazione a valore normale per gli scambi di beni o servizi effettuati fra società fiscalmente residenti in Italia e società fiscalmente residenti all'estero (non necessariamente localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata), tuttavia non sono stati individuati i metodi necessari per ricostruire il prezzo di libera concorrenza, la cui determinazione risulta tuttora demandata ai criteri indicati nelle Guidelines elaborate dall'Ocse.
In proposito, pare utile ricordare come - secondo le indicazioni contenute nelle raccomandazioni Ocse - le metodologie di ricostruzione del valore normale siano distinte in metodi "tradizionali", i quali, basati sull'analisi delle singole transazioni, sono altresì consigliati dalla stessa Amministrazione finanziaria (confronto del prezzo; prezzo di rivendita; costo maggiorato) e metodi "alternativi" basati sull'utile delle transazioni (ripartizione dell'utile e comparazione dei profitti), ai quali la prassi amministrativa italiana riserva un ruolo sussidiario.