Risoluzione delle controversie

Nell'esecuzione del contratto internazionale una controversia può sempre insorgere, soprattutto quando le parti contraenti risiedono ed operano in Paesi diversi, a volte anche molto lontani, e non hanno niente in comune, essendo diversi non solo gli ordinamenti giuridici dei rispettivi Paesi, ma anche le pratiche commerciali, gli usi, la lingua, i metodi di utilizzazione dei prodotti, le modalità correnti di pagamento ecc. 
Per le controversie, come nei rapporti nell’ambito di uno stesso Paese, si può ricorrere ad un giudice (anzi ai giudici dei Paesi coinvolti), oppure ad un arbitro. Quest’ultimo è un giudice a tutti gli effetti, con la differenza però che le parti della controversia, per ricorrere ad esso debbono aver previsto nel contratto, con apposita clausola che si chiama ‘compromesso’, e che prevede di sottoporre le future eventuali controversie al suo giudizio (possono farlo anche dopo l’insorgere della lite, ma in genere è più difficile trovare un accordo quando, per l’appunto, si è già in una fase di conflitto. 

Non ci sono criteri definiti che ci permettano di stabilire quando sia consigliabile di ricorrere ad un giudice o ad un arbitro. In base all'esperienza ci si può affidare al giudice italiano, quando non si temono i lunghi tempi necessari ad ottenere la sentenza, e si sia verificato che l’Italia ha stipulato con il paese con cui si tratta un Trattato per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze (per i paesi membri dell’Unione Europea esiste una convenzione multilaterale a tal fine). 
E’ sempre possibile ricorrere ai giudici dei paesi con i quali si tratta, convenendo la controparte dinanzi al giudice del suo paese. 
E’ bene farlo quando detti paesi sono fra quelli ‘sviluppati’, e cioè con sistemi giuridici e giudiziari affidabili, efficaci ed imparziali. In questi Paesi la giustizia (tribunali ed avvocati) hanno un costo relativamente alto, a volte non molto diverso da quello di un arbitro, il quale sempre mediamente, impiega meno tempo a pronunziare la sua decisione (che, tecnicamente, si chiama ‘lodo’). 
E’ invece sempre rischioso ed errato scegliere il giudice italiano con il fine di trarre vantaggio dalla durata dei procedimenti, che favorirebbe i debitori, rinviando i pagamenti. 
E’ sempre pericoloso ‘fare i furbi’, soprattutto nei rapporti con Paesi diversi, e quando merci e prodotti si trovano ‘fuori del controllo’ degli operatori, non conoscendo mai bene le ‘contromisure’ che potrebbero venire adottate, anche di tipo coercitivo e penale. 

Nei rapporti internazionali, soprattutto con paesi geograficamente, culturalmente e giuridicamente lontani, la soluzione di controversie mediante arbitrato presenta innegabili vantaggi. 
 
  • Pur se alcuni arbitrati molto complessi possono avere lunghe durate, è mediamente vero che il procedimento arbitrale ha una durata inferiore rispetto a quelli giurisdizionali. Pur se non è possibile determinare il tempo medio di un arbitrato, si tratterà sempre di periodi molto inferiori a quelli impiegati dai giudici ordinari, anche dei paesi con una giustizia molto migliore di quell'italiana.

  • Caratteristica di questo mezzo di risoluzione delle controversie è la riservatezza. Occorre tenere presente, ciò che spesso gli operatori non fanno, che una controversia sulla qualità di un prodotto diviene pubblica se proposta davanti ai giudici, e può comportare danno notevole al buon nome di un fabbricante anche quando questi risultasse vincitore nella lite. 
     

  • Benefici derivanti dalla scelta dall'arbitrato discendono dalla sua natura di sistema di soluzione dipendente dalla volontà delle parti. Infatti, se si sceglie un collegio di tre arbitri; ogni parte ha il diritto di nominarne uno, sentendosi quindi garantita del rispetto della neutralità dell'organo. Inoltre sarà possibile ai contendenti scegliere come arbitri persone particolarmente qualificate nel settore nel quale è sorta la controversia. Si avrà così un giudizio maggiormente affidabile sul piano tecnico. Non è poi da trascurare la grande flessibilità del procedimento arbitrale. Essa comporta che gli arbitri possano seguire la procedura che ritengono più adeguata alla particolare lite, con una molto maggiore facilità di acquisizione e valutazione delle prove. 
     

  • Spesso prima dell'instaurazione dell'arbitrato o nel corso del procedimento si giunge alla conciliazione o alla transazione della controversia, perché il procedimento arbitrale favorisce il raggiungimento di un accordo.

Come si prevede un arbitrato e quale arbitrato scegliere? 

 

Si possono utilizzare arbitrati ‘ad hoc’, e cioè interamente istituiti e regolati nel contratto, occorrendo però allora disciplinare tutti gli aspetti dell’arbitrato, dalla composizione dell’organo (uno o più arbitri) al luogo e lingua, fino alla procedura che dovrà essere seguita.
Questo sistema ha lo svantaggio di consentire alla parte che teme di perdere la lite di bloccare, o almeno rallentare con una procedura ostruzionistica, il corso del procedimento. Basterà che essa, se si tratta di arbitro unico, si opponga alle persone proposte dalla controparte, oppure se si tratta di collegio di tre arbitri, eviti di nominare quello di sua spettanza.
E' consigliabile quindi servirsi di arbitrati ‘gestiti’ (o ‘amministrati’) da organizzazioni di prestigio, che hanno il vantaggio di prevedere mezzi per superare tattiche ostruzionistiche, dando corso all'arbitrato anche contro i desideri di una delle parti.
Tra questi arbitrati vanno citati quelli delle Camere Arbitrali presso alcune Camere di Commercio, quello della Camera di Commercio Internazionale e quello dell’Associazione Italiana per l’Arbitrato.
Quello gestito dalla Camera di Commercio Internazionale, che può essere utilizzato inserendo nel contratto la seguente clausola: “Tutte le controversie eventualmente derivanti dal presente contratto saranno risolte in via definitiva secondo il Regolamento di conciliazione e di arbitrato della Camera di Commercio Internazionale, da uno o più arbitri nominati in conformità di detto Regolamento". 
 
Le parti, se lo ritengono opportuno, possono integrare tale clausola prestabilendo ad esempio, il numero degli arbitri (uno o tre) e il luogo dell'arbitrato.
Particolarmente interessante è il meccanismo per la nomina dell'arbitro unico e dell'arbitro presidente; se le parti non procedono alla nomina di comune accordo, vi provvede la Corte sulla base della designazione proposta da uno degli oltre cinquanta Comitati nazionali della CCI, scelto per la sua posizione di neutralità rispetto alle parti della lite.

Tra gli altri vantaggi dell'arbitrato CCI, vi è poi il controllo da parte della Corte dei progetti di sentenza volto ad assicurare, tra l'altro, che l'arbitro abbia pronunciato su tutte le pretese delle parti. 
 


Un'alternativa dell'arbitrato ‘amministrato’ è costituita dalla scelta di quello regolato dall’Associazione Italiana per l'Arbitrato (AIA.), che garantisce anche arbitrati internazionali. Anche il regolamento arbitrale dell'AIA lascia ampio spazio alla libera determinazione delle parti; in particolare per quanto concerne il numero e la scelta degli arbitri, il luogo dell'arbitrato e le norme sulla pronuncia (diritto o equità).
L'arbitrato AIA si raccomanda soprattutto nei rapporti con Paesi con i cui competenti Organismi l'AIA ha stipulato accordi di cooperazione in materia arbitrale, che vanno accertati presso la stessa AIA. (Il testo della clausola standard per prevedere l’arbitrato AIA è a disposizione degli interessati unicamente al Regolamento dell'AIA presso la sua sede (Via XX Settembre, 5 Roma).
Ricordiamo poi che se al contratto è applicabile il diritto italiano, la clausola o l'accordo compromissorio devono:
  • quanto alla forma –"il negozio compromissorio deve essere fatto per iscritto (art.806 e 808 cpc) e qualora esso sia contenuto in condizioni generali di contratto o in contratti stipulati mediante moduli o formulari (artt.1341 e 1342 C.C.) deve essere specificamente approvato per iscritto (doppia firma)";

  • quanto al contenuto -"Il negozio compromissorio deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi sempre dispari" e il modo di nominarli (art.809 cpc).
Il lodo arbitrale dovrà poi essere eseguito in un certo Paese; a tal fine è importante che sia possibile in quello Stato. E' necessario, pertanto, controllare che il paese cui appartiene o è basata la controparte straniera abbia ratificato un accordo internazionale in materia. 
La più importante Convenzione multilaterale in vigore è quella di New York del 10 giugno 1958 sul riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere. L'Italia l'ha ratificata con legge n 162 del 19 gennaio 1968. 
Aderiscono alla Convenzione circa 50 Paesi, tra cui tutti quelli industrializzati. Gli Stati parti contraenti sono tenuti sia a riconoscere le clausole compromissorie, sia a riconoscere e dare esecuzione alle sentenze arbitrali quando ricorrano le condizioni stabilite nella Convenzione stessa. 

Qualora non abbia aderito alla Convenzione di New York, si potrà verificare se il Paese in questione abbia invece aderito a quella di Ginevra sull'arbitrato commerciale internazionale del 21 Aprile 1961. L'Italia l'ha ratificata con legge n° 418 del 10 Maggio 1970. Ad essa partecipano praticamente tutti i Paesi europei, compresi quelli prima appartenenti al mondo socialista. Tale Convenzione ha per oggetto l'organizzazione dell'arbitrato in modo da integrare la volontà delle parti per tutto, quando è necessario allo svolgimento dello stesso. Un ruolo di particolare importanza per quanto riguarda gli investimenti esteri spetta infine alla Convenzione di Washington del 18 Marzo 1965, concernente la risoluzione di controversie tra Stati e privati appartenenti ad altri Stati. 
La Convenzione, che è stata promossa dalla Banca Mondiale ha dato vita ad un Centro per la Risoluzione di Controversie in materia di Investimenti tra Stati e privati, denominato con la sigla ICSID. Per poterla utilizzare però occorre che la controparte dell’operatore italiano si uno Stato straniero e non un privato, e ciò avviene in genere solo nel caso di grandi imprese o raggruppamenti di imprese. L'Italia l'ha ratificata con legge 1093 del 10 Maggio 1970 e ad essa partecipano circa settanta Paesi. Controversie tecniche Al fine di semplificare ed accelerare la soluzione di controversie di natura ‘tecnica’ (immaginiamo le caratteristiche di un macchinario, l’esecuzione di una struttura ingegneristica, la natura e rispondenza di un materiale ecc.), si è pensato, soprattutto a livello della ICC di prevedere la possibilità per le parti di un contratto di inserirvi una clausola volta alla creazione di un arbitrato tecnico, ‘expertise’. 
Bisogna tenere conto del fatto che in un normale contratto, ove sorga tra le parti una controversia di natura tecnica, non vi è altro modo di risolverla che iniziare un giudizio od arbitrato (se si è scelto quest’ultimo strumento). Sia il giudice sia l’arbitro però, dovranno a loro volta nominare un esperto, perché si pronunzi sugli aspetti tecnici. Qualora quindi nello stesso contratto fosse stata posta anche una clausola di arbitrato tecnico, le parti potrebbero ricorrere direttamente ad essa per risolvere quel tipo di problema, senza dover istituire precedentemente (e pagare) l’ordinaria procedura arbitrale. 
La ICC offre anche in questo campo un arbitrato tecnico ‘gestito’, che prende il nome di ‘Expertise tecnica’. Per adottarlo, e sufficiente inserire nel contratto la clausola seguente: “Le Parti del presente Contratto concordano di ricorrere, in caso di necessità, al Centro per l’Expertise Tecnica della Camera di Commercio Internazionale, in conformità al Regolamento di Expertise tecnica di quest’ultima.”