Investimento diretto

Per investimento diretto all’estero s’intende l’acquisizione diretta di una partecipazione in un'iniziativa imprenditoriale in un paese straniero. 
A parte le operazioni meramente finanziarie che sono effettuate direttamente in borsa, o tramite fondi d'investimento, un operatore economico può investire acquisendo: 

- il 100% del controllo di un’impresa già costituita o che lui stesso costituirà;
- una partecipazione maggioritaria, che gli assicura come minimo il 51% delle quote o azioni e/o comunque che gli assicura il potere decisionale nell’impresa;
- una partecipazione minoritaria che, nella gran parte dei casi, gli serve quasi esclusivamente ad avere una ‘voce in capitolo’ circa l’assunzione delle principali decisioni riguardanti la gestione aziendale. 

Per un imprenditore medio – piccolo l’acquisizione di partecipazioni in imprese esistenti può rappresentare spesso un’operazione rischiosa, salvo che, seguendo la prassi utilizzata dai grandi gruppi egli non proceda a fare effettuare da strutture specializzate un’attenta e completa valutazione dell’impresa nella quale intende investire. 

Bisogna sempre però ricordare che un’azienda già esistente può riservare sorprese non sempre piacevoli e non sempre prevedibili al momento della valutazione, come garanzie rilasciate a terzi, debiti verso soci e terzi, contratti ed impegni assunti ma non risultanti dai libri sociali, ecc.
E’ quindi quasi sempre buona norma investire in società completamente nuove, create ad hoc ed alle quali partecipino come soci anche le imprese del paese straniero che siano state scelte come oggetto dell’investimento. 

Per un operatore di media – piccola dimensione spesso la soluzione meno rischiosa (con tutte le riserve del caso) finisce per essere quella di associarsi con un operatore locale in una joint venture da strutturarsi mediante la costituzione di una società di diritto locale equivalente alla S.p.A. o alla S.r.l. in quanto in questi modelli la responsabilità dei soci è limitata all’ammontare del capitale sociale. 

La terza soluzione, quella di una partecipazione minoritaria, può essere percorribile per un piccolo imprenditore nel caso in cui la quota parte d'investimento cui essa corrisponde sia, di fatto, poco onerosa come avviene in caso di piccoli versamenti di denaro liquido, macchinari usati o di modesto valore o, meglio ancora, servizi come una tecnologia o l’assistenza tecnica fornita tramite proprio personale. 
Una partecipazione minoritaria può essere utile allorquando l’accordo di collaborazione con un partner locale prevede sub- fornitura, trasferimento di tecnologia e/o riacquisto di prodotti in quanto consente, come si è detto, di mantenere un minimo potere di controllo per esempio sugli standard produttivi seguiti o sul prodotto venduto quando esso rappresenta la base di calcolo di eventuali royalties che remunerano il trasferimento di know-how. 
In ogni caso per un imprenditore medio- piccolo è sempre consigliabile che l’investimento diretto, in qualsiasi forma, sia valutato con estrema attenzione e comunque mai senza essere preventivamente passati per altre forme di collaborazione, quali la sub- fornitura, il franchising o semplici forme di trasferimento di tecnologie.
Infine è bene ricordare come tutte le operazioni di investimento e joint venture comportino comunque un’attenta analisi delle molte difficoltà che potrebbero derivare dall’impatto dai diversi settori del diritto e della legislazione locale che hanno effetto sugli investimenti, dalle società al diritto del lavoro al fisco al sistema bancario, ecc.